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al testo di Dereck Louvrilanm
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Che razza d’acqua è questa? Piatta, in posa da granito. Stentorea per un lungo tratto - passo su quanto affiora. La conoscenza si innalza ben oltre qualsiasi punto di arrivo - e in più avanza. Ormai anche l’acqua è diversa tra una razza e l’altra; e traversarla implica un corrimano tra un dio e il prossimo - pure uno solo con se stesso dov’è riposto - come un libro illegibile aspetta una mano che lo scelga. “Quale pensiero mi fa nascere adesso che sia di me almeno un terzo?” Ho preso visione dei cinque decenni e migliaia di secoli. Ho ascoltato invocazioni da marmo, ho risposto da muto dipinto come curvo, ho saldato le voci con velocità. Un orecchio profondo mi fa sbarcare che tipo le fascine autunnino prima al verde prese dalla miseria quando si legna; sapere significa aver visto tanto - io, messaggero distratto dalle trombe dell’universo che per me è questo vociare indistinto venuto alla luce da occhi neri - e tocca ancora i sensi. Mi dà una mano l’idea che tira un dio - preambolo del verbo dentro le forme.
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